Notes de la rédaction

Nel 2019, in residenza presso la «Ménagerie de verre» à Parigi, Alessia Siniscalchi realizza e mette in scena Medea’s Visions, con i testi originali e la scrittura di Paulina Mikol Spiechowicz. Quest’ultima, che ringraziamo, ritorna qui sulla genesi di questo spettacolo teatrale e ci offre anche un estratto dei suoi testi.

Texte

«Tanti anni fa ho immaginato un’interpretazione contemporanea del mito di Medea. Non avevo un figlio all’epoca, lasciai morire questa idea e cominciai a creare spettacoli immersivi sul tema della relazione» – racconta la regista Alessia Siniscalchi – «oggi che ho un bimbo di otto anni è tempo di tornare a Medea. Ho proposto a Paulina Mikol di scrivere un testo che fosse un dialogo immaginario tra diverse Medee e diverse Eve. Un dialogo che potesse portare una sua visione personale su ciò che mi tormentava quando ho deciso di cominciare una trilogia dedicata ai miti: la relazione col femminile si confronta con degli archetipi, perché non farli interagire tra loro in un teatro radicale e libero?

Sradicare la forma artistica, avvalermi di collaborazioni diverse e di visioni parallele alla mia, portare in spazi teatrali e non teatrali una ricostruzione dei miti che potesse incarnare e ritrovare le radici profonde della storia attraverso il nostro tempo. Ecco cosa mi ha spinto ad insistere per avere questo sguardo diverso e complementare al mio. A New York, dove vivevo, ho deciso di cominciare ad affrontare archetipi femminili da adattare ai giorni nostri. Mi vennero proposte delle letture con protagoniste femminili. Un testo di Bernard Shaw che parla di Eva, un testo di Dario Fo e Franca Rame che attualizza Medea, un testo di Grillparzer, e poi Euripide, e Oscar Wilde con la sua Salomé. Avevo l’idea di voler confrontare Medea ad Eva, renderle parte di un solo gioco teatrale. Aprire l’universo femminile a questioni primordiali: perché Medea aiuta Giasone per poi essere respinta? Eva critica Adamo ma gli da’ anche il coraggio di vivere in Paradiso. Hanno un figlio che ne uccide un altro: lei accusa il padre di averlo spinto alla guerra.

Chiesi all’artista Valerio Berruti di disegnare Adamo ed Eva, immaginandoli bambini su delle grandi tele   trasparenti per nascondere i corpi dei performer e invitarli a riprenderne i gesti infantili. Giovanni Ambrosio mi propose di archiviare in un lavoro fotografico il percorso di ricerca e Paulina Mikol cominciò a sintetizzare in un solo testo le miriadi di informazioni che avevo raccolto. Medea Visioni è così diventato un viaggio in 18 frammenti dal mito: un incontro atipico tra Medea ed Eva trasformato in dialogo/performance tra le opere del grande artista Valerio Berruti, il testo di Paulina Mikol, le fotografie di Giovanni Ambrosio, le musiche di Cristina Barzi e Phil St. George, i video di Piero Viven, le luci di Benjamin Sillon, i materiali in scena di A. Martchenko».

 

«Riflettere su Medea attraverso la riscrittura del mito nell’ambito del teatro contemporaneo – racconta Paulina Mikol – grazie all’incontro con Alessia Siniscalchi e la Kulturscio’k live art collective, ha implicato l’analisi del ruolo della donna nella coppia, il legame tra la donna e il sacrificio, e l’origine straniera, “barbara”, di Medea. Da questo punto di vista, Medea è una figura complessa che rispecchia lo statuto della donna nella società contemporanea. Femminista e libera da un lato. Devota e sempre schiava dall’altro. Mai vittima: colpevole in ogni modo. Anche quando a subire un torto è lei.

Nel processo di riscrittura del mito sono partita dalla lettura e dissezione di diversi testi. La Medea di Euripide, Sofocle, Corneille. Quella di Grillparzer e di Pasolini. Di Christa Wolf e Dea Loher. La Eva che appare in Back to Methuselah di George Bernard Shaw. A queste, ho intercalato le riflessioni elaborate da Tzvetan Todorov in La peur des barbares, Au-delà du choc des civilisations (2009), e da Anne Dufourmantelle in La Femme et le sacrifice, D'Antigone à la femme d'à côté (2007). A partire da tale connubio tra teatro e analisi antropologica, ho voluto mettere in scena non una ma diverse Medee, seguendo l’impostazione scenica propria alla performance di Alessia Siniscalchi. Non compattare la parola, ma disgregare, frammentando le voci, facendo interagire gli archetipi, quasi si trattasse di un monologo a più voci. Una polifonia che ripercorre le varie colpe di cui la donna è portatrice.

È possibile amare a prescindere, dopo che tutti i modelli famigliari sono stati aboliti, se non distrutti? L’amore appare in effetti come una delle colpe di Medea: amare è una debolezza, non una forza. Lì dove Medea si aspetta dell’amore, la passione, la sicurezza, Giasone risponde con la ragione, offrendole al massimo dei doni materiali. Giasone non rende a Medea, la barbara, così come spesso è chiamata, quello che lei gli ha offerto nei momenti di pericolo, durante la fuga all’epoca della spedizione degli Argonauti: un sostegno. Da qui: la perdita della ragione. Da qui: il gesto funesto. Dove tutto il possibile viene a mancare, a esaurirsi. Il matricidio.

Ma la sorte di Medea è anche scritta nelle sue origini. Lei viene dall’Est, da quei popoli ancora nomadi che non avevano mai visto il Mediterraneo. Corinto diventa così la sede di un dramma dell’ospitalità. “Solo a tratti, scrive Euripide, volgendo il collo bianco, compiange con un gemito tra sé e sé suo padre, la sua terra e quella casa che abbandonò partendo a questa volta con l’uomo che le ha fatto oltraggio. Ora glielo ha insegnato la sventura, disgraziata, che cosa significhi non perdere una patria”. Nel testo di Euripide, Medea è trattata come “barbara”. Giasone stesso lo sottolinea: “Ciò che hai preso è più di ciò che hai dato. Te lo dimostro. Innanzi tutto, vivi non più su suolo barbaro, ma in Grecia, hai la nozione di giustizia e sai valerti delle leggi senza l’uso della violenza. Sei sapiente: ebbene, in Grecia tutti se ne sono accorti, te n’è venuta gloria; se abitavi ai margini del mondo, ora di te nessuno parlerebbe”.

Giasone e Creonte vedono in Medea l’incarnazione di quanto rende l’ospitalità impossibile: la donna rappresenta il connubio tra l’ospite e l’ostilità, giacché, venendo da un paese barbaro, sa essere abile con le arti nefaste. Medea è così rappresentata sotto le vesti della straniera che da sempre è associa a un criminale. E Creonte chiede l’espulsione della puttana, colei che non è assimilabile. Viene allora da chiedersi: come costruire un’identità quando le radici vengono a mancare? Come appartenere (a un posto, a un uomo, a una famiglia) quando le origini sono macchiate dal sangue dell’orrore commesso verso la propria famiglia?

Sta a Medea rispondere, lanciando una sfida incredibile, inammissibile dal punto di vista morale: la sfida di una donna che uccide i figli senza morirne. Perché Medea resta impunita. Quello di Medea è, in sintesi, un doppio esilio, pubblico e privato, che diventa sacrificio di sé e sacrificio dei figli – vittime innocenti. Anne Doufumartelle sottolinea come il pensare la femminilità sotto gli auspici del sacrificio implichi pensare il sacrificio come un atto di disobbedienza. Il dramma dell’estraneità si realizza così, in Medea, nel matricidio, apoteosi barbarica che può essere compiuta solo da una donna straniera, in una terra che non le appartiene.

Estratto:
Atto I.

Ouverture.
Diverse Medee (+ Giasone)
1.

È notte. La stanza d’hotel è attraversata dal riflesso dei neon e da fari notturni. Di là della finestra, s’intuisce il passaggio lento delle navi. Medea dorme. Medea si gira e rigira nel letto. Medea respira forte, sempre più forte. Forse si sta masturbando. Forse sta facendo un incubo. Forse entrambe le cose. Si sveglia di soprassalto quando l’alba già si sta abbattendo sul porto. Potrebbe essere quello di Rotterdam, di Beirut oppure di Le Havre: un panorama di gru e container e navigli. Medea si alza. Va verso la finestra. Osserva quel porto industriale e selvaggio.

È iniziato tutto così, con un sogno fatto una notte
dovevo partire,
mettevo via i vestiti
le scarpe
la biancheria intima

questo non è il tuo posto, me lo avevano già detto tante di quelle volte
e la realtà, si sa, è circolare
la realtà è fatta di déjà vous, di ripetizioni
e una donna venuta dall’est
deve tornare verso l’est
da dove è venuta
in direzione di quei popoli
nomadi
instabili
che attraversavano le steppe del deserto
che il Mediterraneo
non l’hanno mai visto
non sanno neppure che cosa sia,
loro,
il mare

solamente la steppa a perdita d’occhio
e il deserto

Mi sono svegliata
Sudavo

Sono andata alla finestra, il mare era piatto

Che cos’hai? Mi ha chiesto Giasone
Non lo so, ho sognato che dovevamo partire di nuovo
Che cosa dici? Tornatene a dormire.

[nel frattempo a Giasone arriva un messaggio]
Chi ti scrive a quest’ora?
Non è niente, vieni a dormire

[Ma mentre torna a letto, lui si affretta a leggere il messaggio
e lo cancella subito dopo]

Chi ti scrive a quest’ora? ho insistito
Non è niente

Mi sono sdraiata accanto a lui, accarezzandogli l’orecchio
Baciandogli il collo
lui
ha chiuso gli occhi
si è messo a dormire

Sdraiata
Con gli occhi rivolti verso il soffitto trafitto dalle prime luci dell’alba
Ho iniziato a toccarmi
Immaginando un venticinquenne, corpo muscoloso, addominali tesi, pettorali ampi,
Ho preso la mano di Giasone
Benché facesse finta di dormire
L’ho lasciata scivolare sul mio pube
Ho introdotto le sue dita dentro di me
Mi sono accarezzata con le sue mani
pensando
a un corpo giovane
la pelle fresca
abbronzata
liscia2

Che cosa c’è che non va? Mi ha chiesto
Non mi scopi più
Siamo sposati da dieci anni
Hai incontrato un’altra?
Ma che cosa dici.
Dico che non parliamo più
Viviamo nella stessa stanza

24 ore al giorno,

365 giorni all’anno
Che cosa dobbiamo dirci?
- due estranei
Vuoi che parliamo di come va il mondo? Dell’«
attualità»?
Che condividono lo stesso spazio
Di quante rock star sono morte?
Che mangiano alla stessa tavola
Oppure di quanti feriti ci sono stati durante l’ultima sparatoria negli STATI UNITI D’AMERICA…?
Che dormono nello stesso letto

Della catastrofe ecologica dovuta allo scioglimento dei ghiacci
Al
cambiamento climatico?

Hai incontrato un’altra.

Incontro un uomo
Mi piace
È una cosa seria
Sappiamo che abbiamo già avuto delle storie prima
Andiamo a vivere insieme
Rincorrendo quell’idea di felicità
la più pericolosa delle idee
perché piena di false speranze
DI FRUSTRAZIONI
Di DELUSIONI
Che portano inevitabilmente alle guerre
Alle carestie e alle distruzioni

Ci pacsiamo oppure ci sposiamo
Abbiamo dei figli
E annulliamo il potenziale erotico del resto del mondo fino alla nostra morte
Amen

Altrimenti facciamo finta
Uno di noi due smetterà di amare
Cederà
E farà le valigie per soccombere allo charme di un’altra
Oppure rimarrà
Diventerà segretamente infedele
Inizierà ad assentarsi più a lungo del solito
Controllerà i messaggi
le telefonate
Farà ogni volta una doccia non appena rientrato,
ogni
singola
volta
una
doccia
Aumenteranno le riunioni
Le birre con gli amici
Le sedute in palestra
Finché la verità non verrà fuori alla luce del giorno
Scandalo traumatismo depressione divorzio
Ci sarà la separazione dei mobili
la separazione dei figli
la divisione dell’appartamento
E si ricomincerà tutto d’accapo

                          (E tu, tu saresti capace di ricominciare tutto d’accapo?
                          Di ripartire da zero,
E scegliere una cosa per la quale vivere
                          Seguirla in maniera incondizionata

Essere fedele
                          A quella cosa
                          E farla diventare
                          La ragione della propria vita?3)

Non sappiamo più come fare
Per amarci
Per amarci a lungo
E crescere i nostri figli insieme
4

M1: Non è forse il fatto di fissarsi da qualche parte che le pesa?
M2: Si può sognare di non avere un domicilio, no?
M3: Giasone ed io, per esempio, abitiamo da dieci anni all’hotel. Non abbiamo mai avuto un appartamento e viviamo come se fossimo degli amanti. Abbiamo cancellato dalla nostra vita ogni potenziale idea di “coniugalità”.
M2: La possessione implica la responsabilità.
M1: Lei ama possedere?
M2: Io adoro possedere.
M1: Eppure ha preferito andarsene. Liberarsi da tutto quanto possedeva. La famiglia. La terra. Le origini. La lingua. Tutto.
M3: La chiamano barbara, non è vero?
M1: L’etimologia della parola viene dal greco, βάρβαροςbárbaros, colui che non parla la nostra stessa lingua5.
M4: [con tono saccente] Secondo Claude Lévy-Strauss, la parola BARBARO, in latino barbarus, si riferisce all’inarticolazione del canto degli uccelli, in opposizione al valore significante del linguaggio umano.
M3: Che lingua parla?
M1: Non parla?
M3: è straniera, non capisce.
M4: Ma fino a un attimo fa parlava con noi.
M1: Non parla più… ci sente (rivolta a M2)? Sta bene? Eh oh? Parlo con lei.
M3: Non capisce.
M1: È proprio una barbara.
M3: Forse è mussulmana.
M1 (rivolta a M2): Crede in Allah? Crede in Dio? In Budda? Nella resurrezione?
M5: E la vita dopo la morte?
M3: Certo, sembra una donna colta.
M1: Cosa c’entra? Il XX secolo è stato molto istruttivo a riguardo: Eichmann, nel tempo libero, praticava la musica da camera tedesca
M5: Hitler amava Fritz Lang e le pitture di Bruckner
M1: Mao praticava la calligrafia e componeva poesie
M5: Mussolini leggeva Nietzsche e Bergson
M1: Stalin amava il cinema di Eisenstain
M3: La cultura, quindi, non c’entra.
M4: Ha almeno una famiglia?
M3: Dicono che il marito la tradisca
M1: La sta per lasciare
M4: Non è certo tipo da starsene a guardare, lei.
M5: Fossi in Glauce, la temerei
M4: Fossi in Glauce, la manderei via
M5: Gli esseri umani hanno tendenza a rispondere alle offese con un’offesa ancora più crudele.
M4: Il male subito sembra sempre più grande del male inflitto.
M5: Per fare del male a qualcuno, bisogna sapersi mettere al suo posto.
M3: si tratta di una capacità più sviluppata negli esseri umani che nelle altre specie.
M4: La chiamano empatia.
M5: Solo gli uomini riescono a immaginare quello che un’altra persona sente.
M3: La sua vendetta sarà spietata.
M4: La dovrebbero cacciare via.
M1: Perché qui, da noi, queste cose non le facciamo.
M5: A casa nostra è diverso.
M4: Noi apparteniamo a questo posto. A questa società. A questa cultura.
M3: Noi apparteniamo a questa identità.
M1: Mentre lei non appartiene a nessun luogo.
M3: A nessuna lingua
M5: A nessuna cultura
M1: Lei è straniera.
M3: Shhh, è una maga.
M1: Lo sanno tutti che ha ingannato il padre.
M3: E sbranato il fratello.

 

(Medea e Giasone6)

Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per te
Forse dovremmo fare una pausa
vivere qualche tempo separati
Dove vuoi che vada?
Non lo so, potresti fare un viaggio, allontanarti per un po’
Ti ho salvato, lo sanno tutti, ti ho liberato da ogni paura,
ora vuoi mandarmi via?
Mi hai rinchiuso in una camera
Per proteggerti
Proteggermi da che cosa?

Che cosa vuoi fare là fuori? il b a n c h i e r e? l’ a v v o c a t o? una C A R R I E R A?
Non vedi in che tempi viviamo?
Là fuori ormai non c’è più niente da vedere
Niente da scoprire
L’EUROPA è PERSA. L’AMERICA è PERSA. La tua adorata Grecia non esiste più.
Ci sono solo tasse, debiti, mercato libero, concorrenza, burn out, bore out, brown out, crisi economica, terroristi, ecologisti, complottisti
E la chiamano cultura, la chiamano civilizzazione, la chiamano modernità, la chiamano finanza

È meglio che stiamo separati per qualche tempo
Dimmi, allora, dove devo andare?
A casa di mio padre non posso tornare
L’ho tradito per te
Mi sono resa odiosa
Davanti ai capi della mia famiglia
Incompresa di quanto ho fatto

Ciò che hai preso è più di ciò che hai dato, ha risposto lui7
Ora hai una terra
Conosci le leggi
Sei anche diventata colta
Le persone ti conoscono

Ero innamorata di te.

 

Médée Visions/ Medea’s Visions
Mise en scène/Director: Alessia Siniscalchi.
Art work/painting: Valerio Berruti.
Live and original music: Phil St. George.
Stage photography and live photography: Giovanni Ambrosio. 
On stage printed Janson’s portraits: Luca Florino.
Original text/écriture: Paulina Mikol Spiechowicz. 
With a free adaptation by/adaptation libre de Alessia Siniscalchi inspired by George Bernand Shaw, Dario
Fo, Franca Rame, Euripide, Grillpartzer.
Objects, body: Ania Martchenko.
With/avec/con: Félicie Baille, Alessandra Guazzini, Fanny Guidecoq, Francesco Calabrese, Alessia
Siniscalchi, Zelia Pélicani Catalano, Chiara Gistri.
Voice: Vincent Callot Siniscalchi, Katarina Lanier.
Live projections/light design: Benjamin Sillon.
Videos: Piero Vivenzio, Lorenzo Taidelli.
Mouvements/movements/movimenti: Ivana Messina, Korper dancers in Naples.
Supported by/Soutiens de La Ménagerie de Verre StudioLab, Snaporaz Verein/Federica Maria Bianchi,
Kulturscio’ k Italia/Francia, Kulturfactory International Residencies, Körper.

Notes

1 (La presenza in scena di Giasone è opzionale. Può intervenire nel dialogo, oppure il discorso può essere lasciato a Medea, che riporta le battute di Giasone). Retour au texte

2 * sotto il sole di una calda giornata di agosto Retour au texte

3 Inspiré par Huit et demi de Federico Fellini, dialogue entre Marcello Mastroianni et Claudia Cardinale Retour au texte

4 Extrait retravaillé à partir d’un interview sur France culture. Retour au texte

5 « Il est probable que le mot barbare se réfère étymologiquement à la confusion et à l’inarticulation du chant des oiseaux, opposées à la valeur signifiante du langage humain ; et sauvage, qui veut dire « de la forêt », évoque aussi un genre de vie animale, par opposition à la culture humaine. Dans les deux cas, on refuse d’admettre le fait même de la diversité culturelle ; on préfère rejeter hors de la culture, dans la nature, tout ce qui ne se conforme pas à la norme sous laquelle on vit ».Claude Lévi-Strauss, Race et histoire (1952), chap. 3. Retour au texte

6 Forse aggiungere qualche cliché e discorso razzista xenofobo davanti a lei… (di nuovo Medea e Giasone, seduti al tavolo della cucina a cena … hanno già messo i bambini a letto … dietro di loro c’è il telegiornale etc ). Retour au texte

7 A partire da “Dimmi dunque….”, rielaborazione di un passaggio del testo di Euripide. Retour au texte

Citer cet article

Référence électronique

Paulina Mikol Spiechowicz, « Médée Visions », K [En ligne], 8 | 2022, mis en ligne le 01 juin 2022, consulté le 18 mars 2025. URL : http://www.peren-revues.fr/revue-k/1012

Auteur

Paulina Mikol Spiechowicz