Jeanne e Sandrine: due figure “senza tetto né legge”

DOI : 10.54563/revue-k.681

Résumé

For his own, very personal reinterpretation of the figure of Joan of Arc in his feature film Jeanne la Pucelle (1994), Jacques Rivette chose the actress Sandrine Bonnaire. Such a choice was incontestably influenced by earlier roles performed by Bonnaire (such as Agnès Varda’s Sans toit ni loi, 1985), but also arguably motivated by some of her own personal biographical circumstances. Strength of mind, physical perseverance, alleged illiteracy and tendency toward mysticism are but a few features common to both the historical character of Jeanne and of Sandrine (Bonnaire).

Plan

Texte

1. I volti cinematografici di Giovanna d’Arco

Dei molti volti di Giovanna d’Arco al cinema abbiamo scelto di inquadrare più da vicino quello di Sandrine Bonnaire, protagonista del film di Jacques Rivette Jeanne la Pucelle, 1994. Il film, diviso in due episodi (“Les Batailles”, “Les Prisons”), vede Bonnaire nei panni della Pulzella d’Orléans. La rettitudine morale, la perseveranza fisica, il presunto analfabetismo e la tragica sorte, sono solo alcune caratteristiche che connotano tanto il personaggio storico di Giovanna d’Arco, quanto alcuni dei principali ruoli incarnati da Bonnaire nel corso della sua carriera cinematografica (da Sans toit ni loi di Agnès Varda, 1985, a La Cérémonie di Claude Chabrol, 1995). I dettagli biografici dell’attrice non fanno che rinforzare la scelta di Rivette per il ruolo di Jeanne la Pucelle.

La figura di Giovanna d’Arco è presente in oltre cinquantatré film, tanto come carattere centrale che come figura più marginale (Mayward, 2016; Margolis, 1996). Non è azzardato affermare che il volto e la figura della Pulzella d’Orléans siano nati una seconda volta nello spazio e nel tempo manipolato dal dispositivo cinematografico. L’aspetto mitico e quello storico di una figura così inafferrabile, e al contempo afferrabile dagli estremi opposti ideologici, trova nella storia del cinema una sua nuova esistenza “cinematica”. Giovanna d’Arco rinasce grazie alla modernità del medium cinematografico, negli anni stessi in cui viene beatificata da Papa Pio X (1909) e proclamata Santa per opera di Papa Benedetto XV (1920)… Come osserva lucidamente Vincent Amiel, nel XIX secolo Giovanna si trasforma in un’eroina moderna, un’adolescente guerriera, probabilmente analfabeta, che salvò la Francia:

La nascita del cinema negli anni Novanta del XIX secolo ha coinciso con un periodo di grande interesse per la figura di Giovanna d’Arco. L’ascesa del nazionalismo, strettamente associato al Romanticismo, ne aveva fatto una figura epica d’onore nell’Europa del XIX secolo, e gli americani non tardarono a includerla nel pantheon delle eroine moderne. Di conseguenza, il suo personaggio è strettamente intrecciato con la storia del cinema e offre un modello formidabile per lo studio delle rappresentazioni, poiché mette in gioco, più di ogni altro, la dimensione nazionale, la dimensione religiosa e la dimensione guerrafondaia, in un XX secolo le cui ideologie sono state in gran parte costruite attorno a questi temi. Non da ultimo, ci permette di collocare la questione del femminile al di fuori del suo ambito tradizionale, questione che il secolo ha ovviamente affrontato in modo coerente (Amiel, 2012, p. 297).

La storia cinematica di Giovanna inizia con una serie di “tableaux vivants” animati dal potere dello sguardo illusionistico di George Méliès. Una delle primissime rappresentazioni di Giovanna d’Arco al cinema è infatti il film di circa dieci minuti di Méliès, Jeanne d’Arc (1900), considerato perduto e ritrovato in una copia colorata a mano nel 1982. Composto da dodici inquadrature, il prezioso film di Méliès è un tentativo di ripercorrere in un numero succinto di tavole le figure che hanno accompagnato Giovanna d’Arco nella sua impresa: dal padre allo zio, dal mendicante al soldato, dalla madre a Baudricourt (fedele servitore di Carlo VII, ricordato per aver fornito a Giovanna la scorta che le aveva permesso di rendersi a Chinon per incontrare il sovrano). Il film acquista un tono più epico e dinamico nella descrizione dall’assedio di Orléans e nella battaglia di Compiègne, grazie anche a un precoce uso del piano americano. Jeanne d’Arc è il primo film a soggetto realizzato da Méliès dopo Cenerentola (1899) e uno dei più visionati e studiati tra gli spettacoli cinematografici delle origini (Malthête, 2002).

Ai “tableaux” storici della Giovanna di Méliès si susseguono altri tentativi di restituire lo spessore storico e simbolico delle imprese belliche della Pulzella d’Orléans. Geraldine Farrar, protagonista di Joan the Woman di Cecil B. DeMille (1916), prova a fissare l’immagine sfuggente di Giovanna in un’icona femminile patriottica e transazionale destinata a nutrire la propaganda bellica negli Stati Uniti durante la Prima Guerra Mondiale.

Due sono i volti delle attrici che hanno mostrato, in modi estremamente diversi, Giovanna d’Arco nei mesi del processo a Rouen davanti all’inquisizione cattolica: Renée Falconetti e Florence Delay. L’espressività estatica del volto in primo piano di Falconetti, ne La Passion de Jeanne d’Arc (1928) di Carl Theodor Dreyer, marcherà l’esperienza estetica delle spettatrici e degli spettatori al cinema, nella sala e dentro il film stesso: indimenticabile la scena delle lacrime di Anna Karina in Vivre sa vie (1962) di Godard che si alternano e sovrappongono al primissimo piano del volto di Giovanna (Falconetti), straziato e strabordante i limiti dello schermo, in un movimento centrifugo che sembra diffondersi in tutti i volti della sala, tanto tra gli spettatori del film di Dreyer che tra quelli del film di Godard.

Ancora il processo davanti al vescovo Cauchon, ma questa volta presentato attraverso lo sguardo pacato e intellettuale della scrittrice e attrice francese Florence Delay nel Procès de Jeanne d’Arc di Robert Bresson (1962). Come una condannata a morte che non riuscirà a scappare, il corpo di Jeanne/Delay raffredda le inquadrature e rallenta la temporalità dell’azione con gesti ripetitivi e claustrofobici. Così facendo, Delay distanzia lo spettatore, allontanando la figura di Giovanna d’Arco da qualsivoglia processo mimetico. Questo movimento straniante che si propaga dal corpo e dal volto di Jeanne, crea un paradossale contatto con la figura storica di Giovanna, persa in un tempo di cui non riusciamo più a immaginare le atmosfere, il freddo, la fame e la crudeltà della condanna di una giovane donna.

Quell’adolescente, giovane donna, che era già comparsa al cinema qualche anno prima del film di Bresson, mostrando il suo volto candido e troppo moderno attraverso lo sguardo incosciente di Jean Seberg, protagonista inesperta di Saint Joan (1957) di Otto Preminger.

2. Sandrine e Jeanne. Due figure destituenti

La maggior parte delle attrici che hanno prestato il loro volto a Giovanna d’Arco al cinema la hanno impersonata. Sandrine Bonnaire, così lontana e così vicina all’iconica Jeanne, ne è stata la più sottile incarnazione. Titubante e timorosa nell’accettare un ruolo così impegnativo per il film che Jacques Rivette stava preparando nel 1994, nel suo Roman d’un tournage Bonnaire racconta così il suo primo incontro con il regista della Nouvelle Vague:

Ci incontrammo in un caffè vicino a Montmartre, forse per un’ora, non ricordo. Entrò con due libri di Régine Pernoud e mi disse: “Ecco, vorrei che leggessi questi libri”. Non ha detto il nome di Jeanne... Ha semplicemente tirato fuori i libri. E io rimasi scioccata! Ero molto lusingata. Ero orgogliosa di conoscerlo, orgogliosa che avesse pensato a me. Non ho visto molti dei suoi film, ma è una persona con cui ho sempre voluto lavorare. Ma, allo stesso tempo, ero molto spaventata. Giovanna d’Arco è un film importante! È un film storico, è un mito. Rivette non sta rischiando con me? (Bonnaire, 1994, pp. 11-12, traduzione nostra).

Sandrine Bonnaire, in Jacques Rivette, Jeanne la Pucelle, 1994.

Sandrine Bonnaire, in Jacques Rivette, Jeanne la Pucelle, 1994.

Un rischio travolgente per Sandrine. Essere Giovanna d’Arco dopo Falconetti, Jean Seberg e Ingrid Bergman…

Nel loro primo incontro, Sandrine Bonnaire e Jacques Rivette discutono della pièce teatrale che Sandrine stava recitando a teatro in quel periodo: La bonne âme de Setchouan di Bertolt Brecht, messa in scena da Bernard Sobel. Quell’incompatibilità tra amore e altruismo che l’anima buona del Sezuan incarna, riecheggerà in modi diversi anche nel personaggio di Giovanna d’Arco. Alcune caratteristiche del sentimento amoroso emergono anche nella figura di Giovanna: nella totalità dell’ascolto delle voci e nell’evidenza infinita delle visioni dell’arcangelo Michele, di santa Caterina e di santa Margherita. L’altruismo di Giovanna, che è al tempo stesso dettato da una fortissima certezza interiore, si risolve nel gettare il proprio corpo in battaglia per salvare la Francia dalla conquista degli inglesi e i loro alleati borgognoni.

Il film voluto da Rivette è una rappresentazione studiata e accurata della vita e delle intemerate imprese di Giovanna, incluse la prigionia, il processo, la condanna per eresia, blasfemia, idolatria, l’abiura e la condanna definitiva al rogo.

Sandrine come Jeanne non conosce i dettagli della Storia. Sente che sta per giocare (jouer) un ruolo nella storia (anche quella del cinema). «Je ne sais rien de Jeanne d’Arc», dichiara Sandrine nel suo racconto delle riprese del film. La descrive come un personaggio popolare, storicamente esistito e al contempo appartenente completamente al dominio dell’immaginario. «Non ci sono immagini di lei, ci sono solo rappresentazioni», è l’altro mantra che ripete Bonnaire nel ricordo dei lunghi e faticosi mesi del tournage del film. Il mito destituente di Giovanna d’Arco è il frutto dell’inesauribile serbatoio di rappresentazioni e composizioni, visive e musicali, che sono state offerte agli occhi e alle orecchie delle spettatrici e degli spettatori nel corso degli ultimi secoli. Impossibile farne una sintesi, anche aperta. La figura di Giovanna insiste sul presente perché sfugge a qualsivoglia fissazione in un’immagine una, unica. Il rischio che la complessità della sua figura si appiattisca, per venir brandita come l’immagine esclusiva di una nazione dall’estrema destra (francese), non sarà mai così alto finché ci saranno rappresentazioni diverse e instabili della sua figura. Ogni Giovanna d’Arco, compresi tutti suoi volti cinematografici, permettono di sfuggire alla sua iconizzazione ultima.

Sandrine Bonnaire afferma che esiste l’istinto dell’attore, un istinto che guida e impedisce gli errori. L’incontro tra Sandrine e Giovanna, misteriosa adolescente illuminata, fedele a Carlo VII e al regno di Francia, avviene senza troppo studio e riflessione. Senza eccessivo entusiasmo iniziale, con una dose di timore e un iniziale senso di inadeguatezza. Un incontro che rivelerà la sua potenza nel corso dei mesi delle riprese. Tra l’ironia dei travestimenti, le difficoltà di cavalcare, i dubbi sulla religiosità di Rivette, il bisogno di vedere più miracoli per credere al proprio ruolo, Sandrine ritrova di mese in mese Giovanna nei suoi ricordi d’infanzia, nel rapporto al suo corpo, nella relazione con l’autorità, con la famiglia, con gli uomini della troupe.

Giovanna d’Arco è anche la prima esperienza religiosa di Sandrine Bonnaire al cinema. Spirito anticonvenzionale, Bonnaire dichiara di non avere fiducia nelle Chiese: «Sento che sono delle usines à fric» (Bonnaire, 1994, p. 41). In lei esiste lo stesso sentimento di rivolta che abita la figura di Jeanne, ovvero un bisogno di ribellarsi alle pratiche potenzialmente «criminali» iscritte nelle religioni rivelate. Sandrine ricorda di aver avuto sin da bambina un rigetto per «Dio, Gesù, la Bibbia, bisognava non parlarmene». Sua madre, Testimone di Geova, aveva imposto a lei e ai suoi fratelli (Sandrine è la settima di undici figli) un regime di vita severo e a tratti traumatizzante. Prima di iniziare le riprese di Jeanne la Pucelle, Sandrine non era mai entrata in una chiesa. Lo fa a Venezia, poco prima d’incarnare il ruolo di Jeanne. Ricorda di non aver pregato, ma di aver «pensato all’amore, ad avere esigenze nei confronti della vita e degli altri» (Bonnaire, 1994, p. 43). Con l’inizio delle riprese del film, Jeanne descrive la sua esperienza con Dio come una forma di rispetto nei propri confronti. Un’esperienza mistica, che le ricorda l’ascolto delle Voci di Giovanna, come un’eco rigorosa che risuonava nella sua umanità e nella sua capacità di amare.

Sandrine, alla fine del suo romanzo sulle riprese del film, dichiara che gli sarebbe piaciuto interpretare ancora, dopo qualche anno, il ruolo di Jeanne. Troppe cose non le sono state chiare durante la sua interpretazione della Pulzella d’Orléans. Sono personaggi che, secondo Bonnaire, non possono mai essere esauriti da un solo attore o attrice. L’unico ostacolo è l’età: Giovanna deve essere giovane e carnale per non ricadere in una rappresentazione eccessivamente cerebrale e ambigua. Jeanne è uno dei ruoli che più ha segnato, intimamente e pubblicamente, Sandrine Bonnaire. Così come l’anima buona del Sezuan, il film di Rivette ha risvegliato in Sandrine quel senso di giustizia, quella modestia generosa e quell’indisciplina che caratterizzano l’attrice e i suoi ruoli al cinema. Alla fine delle riprese di Jeanne la Pucelle, Sandrine con tono blando e ironico si rivolge a Rivette e gli dice:«Sai Jacques, ora so perché mi hai scelto. Perché questo personaggio non sa né leggere né scrivere!» (Bonnaire, 1994, p. 91).

Nove anni prima di calarsi negli impavidi panni di Jeanne nel film di Rivette, Sandrine Bonnaire interpreta la celebre vagabonda del film di Agnès Varda Sans toit ni loi (1985). Altra figura inafferrabile, ribelle e arrabbiata, hors normes e anticonvenzionale, che viene trovata morta congelata in un vigneto ai piedi di due cipressi gemelli. Il film ripercorre le ultime settimane di vita di questa figura destituente attraverso le testimonianze dei suoi erratici incontri.

Sandrine Bonnaire, in Agnès Varda, Sans toit ni loi, 1985.

Sandrine Bonnaire, in Agnès Varda, Sans toit ni loi, 1985.

La durezza senza compromessi di queste donne che Bonnaire ha incarnato nelle punte più intense della sua carriera cinematografica è così intimamente legata alla personalità dell’attrice che il cinema ha dovuto esercitare solo in modesta misura il suo potere “fotogenico”. In conclusione, non si possono non evocare le parole di Jean Epstein:

La personalità è l’anima visibile delle cose e delle persone, la loro eredità apparente, il loro passato ormai indimenticabile, il loro futuro già presente. Tutti gli aspetti del mondo, eletti alla vita dal cinema, sono eletti alla vita solo se hanno una personalità propria (Epstein, 1923, 1974, p. 140, traduzione nostra1).

Bibliographie

Amiel, V., 2012, Les représentations de Jeanne d’Arc au cinéma, in Neveaux, F. (a cura di), De l’hérétique à la sainte : Les procès de Jeanne d’Arc revisités [en ligne], Caen, Presses universitaires de Caen.

Bonnaire, S., 1994, Le romain d’un tournage. Jeanne la Pucelle, Paris, Éditions Jean-Claude Lattès.

Epstein, J., 1923, De quelques conditions de la photogénie, in Le Cinématographe vu de l’Etna, Paris, Les Écrivains réunis, 1926, ripubblicato in Écrits sur le cinéma, t. I, Paris, Seghers, coll. « Cinéma Club », 1974.

Malthête, J., 2002, La Jeanne d’Arc de Georges Méliès, in “1895. Mille huit cent quatre-vingt-quinze, n. 36, pp. 117-132.

Margolis, N., 1996, Joan of Arc: Maneuverable Medievalism, Flexible Feminism, in “Medieval Feminist Newsletter, n. 22, pp. 21-25.

Mayward, J., 2016, The Cinematic Saint: Joan of Arc, in “Bright wall / Dark Room” [online], n. 40: Faith.

Pernoud, R., 1997, Jeanne d’Arc, Paris, Éditeur Librairie Académique Perrin.

Notes

1 « La personnalité est l’âme visible des choseset des gens, leur hérédité apparente, leur passé devenu inoubliable, leur avenir déjà présent. Tous les aspects du monde, élus à la vie par le cinéma, n’y sont élus qu'à condition d'avoir une personnalité propre ». Retour au texte

Illustrations

Citer cet article

Référence électronique

Marie Rebecchi, « Jeanne e Sandrine: due figure “senza tetto né legge” », K [En ligne], 11 | 2023, mis en ligne le 01 décembre 2023, consulté le 17 février 2025. URL : http://www.peren-revues.fr/revue-k/681

Auteur

Marie Rebecchi