Indocilità. Nota introduttiva ad Almost Home

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Dal settembre 2020 Napoli ospita Almost Home – The Rosa Parks House Project, dell’artista statunitense Ryan Mendoza. Esposta nel Cortile d’Onore di Palazzo Reale, la casa in cui Rosa Parks ha vissuto a Detroit è stata salvata dalla demolizione dall’artista newyorkese che, dopo molti anni trascorsi a Napoli, ora vive tra Berlino e la Sicilia. Abbandonata da tempo, la casa era stata acquistata dalla nipote di Rosa, Rhea McCauley, che, non avendo la possibilità di ristrutturarla, aveva provato, senza successo, a raccogliere fondi. Dopo aver saputo del progetto The White House, in cui Mendoza aveva riadattato la facciata di una abitazione disabitata di Detroit ridipingendola di bianco, per poi esporla ad Art Rotterdam, McCauley si rivolge all’artista per donargli la casa. Comprendendo l’importanza della casa quale simbolo del complesso rapporto tra storia e memoria collettiva, Mendoza la smonta, la “salva”, la ricompone e la espone – almost home – a Berlino, poi, al WaterFire Arts Center di Providence, e infine a Napoli.

Come ha dichiarato lo stesso Mendoza in una precedente occasione, nel suo progetto la casa offre un’opportunità di considerare il modo in cui Rosa Parks viene ricordata e i criteri in base a cui vengono tracciati e fissati i ricordi nella topografia degli Stati uniti. Come ricorda lo stesso artista, nella sua recente biografia Jeanne Theoharis mette in discussione il modo in cui la narrazione storica ha trasformato Rosa Parks in un simbolo: «Una delle più grandi distorsioni della favola di Rosa Parks è stata il modo in cui ha reso la sua docilità… Quando è morta a Detroit nel 2005, è stata considerata un’eroina nazionale, ma spogliata della sua storia di attivismo e di rabbia per l’ingiustizia americana. Rosa Parks e i suoi eredi sono stati una figura materna sacrificale per una nazione che avrebbe dovuto usare la sua morte per un rituale di redenzione nazionale»1. La speranza di Mendoza è che, invece, l’operazione al centro del Rosa Parks House Project ostacoli questa semplificazione. L’effetto di straniamento creato dal viaggio che la casa ha compiuto attraverso l’oceano, la sua despazializzazione, punta a far emergere una versione più complessa della vicenda, ponendosi l’obiettivo, dichiarato dallo stesso artista, di indurre l’America a prendere coscienza di una mancanza: «I luoghi portano i segni, le fratture e le ferite della storia; sono, di conseguenza, gli specchi di questi processi e a volte riescono a metterne in evidenza le lacune e le contraddizioni».

D’altronde, ripercorrendo il percorso artistico di Mendoza, è facile constatare come l’elemento della casa sia centrale già a partire dai suoi primi dipinti, risalenti alla metà degli anni Novanta. La sua valenza si carica di tratti politici con i progetti The White House e The Invitation, di cui The Rosa Parks House Project è in un certo senso continuazione ed emanazione. Tanto nell’opera(zione), quanto nella sua cifra provocatoria più volte rivendicata dallo stesso artista, è presente un elemento oscillante e a tratti ambiguo che rende questo lavoro sulla figura di Rosa Parks particolarmente complesso. La provocazione che Mendoza intende lanciare alla coscienza storica e culturale degli Stati Uniti attraverso la delocalizzazione della casa è bilanciata – e in un certo senso contrastata – dalla speranza che prima o poi la casa possa “ritornare a casa”, diventando un monumento capace di contribuire alla costruzione della memoria collettiva di una vicenda centrale nella storia dell’emancipazione dei neri americani. A questa oscillazione tra despazializzazione della casa sradicata dal territorio e richiesta di un suo riconoscimento “ufficiale” corrisponde l’ambiguità inerente alla stessa operazione artistica compiuta da Mendoza: si tratta della “ricostruzione/salvezza” di una memoria storica e culturale a rischio di scomparsa, o invece di una sua “invenzione” artistica? La casa di Rosa è una “sopravvivenza” strappata alla demolizione e conservatasi per caso, una traccia che sopravvive alla storia e che può contribuire a configurare o ad arricchire la “tradizione degli oppressi” americana? Oppure il suo auspicato riconoscimento, possibile proprio attraverso il progetto “artistico”, non rischia di significare anche la sua neutralizzazione, la sua assunzione in una storia ufficiale di simboli e monumenti?

Il dialogo che la redazione di “K.” ha avuto l’opportunità di portare avanti con Ryan e Fabia Mendoza non scioglie questi nodi, come è forse inevitabile se si tenta di comprendere il senso di un’opera d’arte partendo dalle parole dell’artista che l’ha pensata ed attuata. E anzi, è persino possibile che qui le parole siano in parte una manovra di depistaggio (o una mossa di autodifesa) rispetto ai tentativi di lettura che tendono inevitabilmente a ridurre il senso di un’operazione come questa ad un “messaggio” univoco. D’altronde, in questo stesso dialogo Mendoza offre anche un interessante spunto ermeneutico, accennando ad un modo di lettura che potrebbe valere anche per Almost home. Parlando di The Invitation, progetto immediatamente antecedente, e del rapporto che in quel caso viene ad istituirsi tra interno ed esterno, l’artista ha dichiarato che quello «è un progetto dove effettivamente l’esterno deve diventare l’interno: l’esterno deve scomparire totalmente, così che l’interno diventi l’oggetto desiderato. […] Ho decorato queste case […] in modo che diventassero ‘opere d’arte’, quando invece il fine dell’atto artistico doveva consistere proprio nel farle scomparire. Nella loro scomparsa, nell’atto della scomparsa, era la componente artistica, come forse nessuno, o solo pochi, hanno compreso».

Ryan Mendoza, The Invitation (Detroit, 2016)

Ryan Mendoza, The Invitation (Detroit, 2016)

Notes

1 Theoharis, J., The Rebellious Life of Mrs. Rosa Parks, Boston, Beacon Press, 2013, pp. VIII-IX (trad. G. M.). Retour au texte

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Référence électronique

Gianluca Miglino, « Indocilità. Nota introduttiva ad Almost Home », K [En ligne], 7 | 2021, mis en ligne le 01 décembre 2021, consulté le 18 mars 2025. URL : http://www.peren-revues.fr/revue-k/1115

Auteur

Gianluca Miglino

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